The Penguin – Recensione
Non so da dove partire se non da Colin Farrell. Il suo Oswald 'Oz' Cobb è semplicemente mostruoso. Si mangia tutto e tutti. Dimenticate il pinguino grottesco e teatrale di Batman Returns: qui c'è un uomo, uno che ha sofferto, uno che vuole prendersi tutto. È umano, brutale, malinconico. Una bomba a orologeria.
The Penguin si piazza una settimana dopo The
Batman, ma non è uno spin-off qualsiasi. È una storia di potere, di
ambizione, di solitudine. Gotham è ancora lì, marcia fino al midollo, e
stavolta la vediamo dal basso, dal punto di vista di chi vuole scalarla, un gradino
alla volta.
La serie
gioca con i toni del gangster movie e funziona. Ci sono echi di I Soprano,
un po’ di Il Padrino, e anche un tocco tragico alla Scarface. E
Farrell si mangia lo schermo. Il make-up fa metà del lavoro.
L’altra metà ce la mette lui: sguardi, silenzi, esplosioni improvvise. Ti fa quasi tenerezza, poi ti
ricordi che è uno psicopatico.
Cristin Milioti nei panni di Sofia Falcone è tosta. Ogni volta che apre bocca o guarda qualcuno, capisci che non si scherza. La tensione fra lei e Oz è costruita bene, promette scintille. Visivamente è tutto fighissimo: Gotham fa schifo, ma è proprio quello il punto. Una città sporca, dove l’aria è pesante di fango e sangue. La guardi e ti viene da tossire.
Se devo
muovere una critica, forse c’è qualche passaggio più lento nella parte centrale
e certe dinamiche familiari sono già viste. Ma niente che rovini l’esperienza.
Anzi, la serie cresce di episodio in episodio, fino a un finale che non
spoilero ma che ti lascia lì a fissare lo schermo.
Insomma, The
Penguin è un gran bel pezzo del puzzle dell’universo di Reeves. Una crime
story sporca, tesa, cattiva. Se questo è solo l’inizio, non vedo l’ora di
vedere il resto.
Voto: 9/10
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