Dal tramonto all'alba – Recensione
Dal tramonto
all'alba è uno di
quei film che, a prima vista, ti fa pensare di essere davanti a un
thriller/crime quasi normale, ma che, in un colpo di scena al confine tra
l’assurdo e il geniale, ti catapulta in un horror sanguinolento e fuori di
testa. Una
transizione radicale che sfida ogni convenzione, creando un mix esplosivo di
generi.
La trama
inizia in modo relativamente semplice: i fratelli Gecko, Richard (George
Clooney) e Seth (Quentin Tarantino), sono due criminali in fuga verso il Messico
dopo una rapina. Durante il loro viaggio, prendono in ostaggio una famiglia e
si rifugiano in un locale notturno, il Titty Twister. Ma proprio quando pensi
che il film stia seguendo una tipica rotta da thriller, il mondo cambia
radicalmente. Da un momento all’altro, il locale si trasforma in un’arena
infestata da creature mostruose, e ciò che sembrava un semplice film di rapina
diventa un'orgia di sangue, caos e creature sovrannaturali.
Rodriguez
riesce a mantenere il ritmo adrenalinico, con scenografie iconiche e
un'atmosfera che da claustrofobica si trasforma in qualcosa di incontrollabile
e surreale. Le scene di violenza, tanto esplicite quanto stilizzate, sono
accompagnate dalla sceneggiatura di Tarantino che, come sempre, mescola
dialoghi brillanti con una sottile ironia, contribuendo a dare quel tocco di
unicità che caratterizza il film.
Le
performance sono sopra le righe: Clooney, nei panni di un anti-eroe
carismatico, è incredibile, mentre Tarantino, nel ruolo del fratello più
eccentrico, è più che convincente. Il film funziona, però, proprio per la sua
capacità di non prendersi troppo sul serio e di spiazzare lo spettatore con i
suoi cambi di tono repentini. La miscela di violenza, umorismo nero e pura
follia è la chiave per comprendere il fascino duraturo di Dal tramonto
all'alba.
Il film non
è un capolavoro di profondità psicologica, ma è un perfetto esempio di cinema
popolare che sa divertire, sorprendere e divertire ancora, senza mai perdere di
vista la sua natura sopra le righe.
Voto finale: 8/10
Un film che
non può essere definito "serio", ma che non vuole esserlo. Un vero
cult per chi ama il cinema che gioca con i generi e sorprende costantemente.
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