The Doors Recensione
Un film che
non racconta Jim Morrison: lo incarna.
Kilmer è posseduto, letteralmente. Non un'imitazione: è lui. Il poeta rock, l’angelo maledetto, lo sciamano autodistruttivo che danza con la morte.
Stone non gira un biopic, ma un viaggio psichedelico, delirante e viscerale. La macchina da presa non è solo uno spettatore, è immersa nel caos che si sta scatenando. Ogni movimento, ogni inquadratura ti trascina dentro il trip che prende forma.
Il montaggio sembra provenire da una mente in espansione, le luci bruciano e il ritmo è incessante.
Non c'è moralismo. Solo caos, musica, dannazione.
Eppure, nel mezzo di tutto questo, si sente il cuore: quello malato di un’epoca e quello di un ragazzo che cercava di volare un po’ più in alto degli altri.
Morrison non è solo un poeta, ma la voce che cerca una via di fuga dal conformismo dell’America degli anni '60, finendo per bruciarsi nel tentativo.
The Doors è un urlo di ribellione che va oltre la musica, e che porta inevitabilmente alla distruzione.
Voto: 8/10
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