Prisoners (2013) – Denis Villeneuve


Un thriller denso come un temporale, diretto con una calma inquietante da Denis Villeneuve.

Prisoners è il classico esempio di film che prende una premessa “da genere” (bambine scomparse, genitori disperati, detective tormentato) e la trasforma in qualcosa di cupo, profondo, quasi esistenziale.

Hugh Jackman urla, piange, spacca lavandini, ma sotto la rabbia c’è il volto della paura. Gyllenhaal, invece, è tutto trattenuto: tic nervosi, occhi che scrutano. Il loro scontro silenzioso regge il film come due colonne di tensione.

Roger Deakins firma una fotografia che sembra sempre sul punto di collassare: grigia, sporca, immobile. Più che un giallo, sembra un viaggio nella nebbia morale dell’America. La colonna sonora firmata da Jóhann Jóhannsson è discreta ma devastante: entra dove le parole non arrivano.

Prisoners ha lanciato Villeneuve nel cinema americano e influenzato una nuova generazione di thriller cupi e autoriali. È anche uno dei pochi film recenti capaci di combinare tensione narrativa e spessore esistenziale.

Voto: 9/10


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