Fruitvale Station (2013) – Ryan Coogler
Il debutto di Ryan Coogler è una pugnalata che arriva senza preavviso, anche se già sai come va a finire.
Fruitvale
Station racconta l’ultima giornata di Oscar Grant, ragazzo
afroamericano ucciso dalla polizia nella notte di Capodanno 2009. Un film che
non urla, ma colpisce più forte proprio perché sceglie l’intimità, i piccoli
gesti, la quotidianità.
Michael B.
Jordan è pazzesco: rende Oscar vero, vivo, pieno di contraddizioni, amore,
voglia di cambiare. E quando arriva quella scena finale, devastante e
silenziosa, non puoi fare altro che restare lì, con il cuore stretto.
Coogler
filma con umiltà e rabbia, ma senza retorica. Sembra già sapere che il suo
cinema nascerà da questo: dal mettere l’umano al centro, sempre.
Un film
imprescindibile. E una promessa mantenuta.
Fruitvale è anche un
esempio perfetto di cinema indipendente impegnato che non scivola mai nel
didascalico. Un’opera ancora attuale oggi, simbolo dell’urgenza del Black Lives
Matter. Breve (85 minuti), ma incancellabile.
È l’inizio di un cinema umano, diretto, urgente: Coogler ha costruito tutto il
suo percorso partendo da qui.
Voto: 8.5/10
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