District 9 – Recensione
Johannesburg, 2009. Una gigantesca astronave aliena è ferma sopra la città da vent’anni. Gli extraterrestri, malnutriti e spaesati, vengono confinati in un ghetto: il Distretto 9. L’MNU, una multinazionale senza scrupoli, vuole solo sfruttare la loro tecnologia. Ma quando un impiegato qualunque, Wikus Van De Merwe, entra in contatto con un fluido alieno, tutto cambia.
Neill Blomkamp tira fuori un film potente, che
colpisce duro. La regia finto-documentaristica ti butta dentro l’orrore della
segregazione, rendendo tutto più vero. A un certo punto, il film cambia marcia
e diventa un action crudo e adrenalinico. E funziona alla grande.
Sharlto Copley è molto convincente nei panni
di Wikus: parte come un burocrate impacciato, ma la sua trasformazione è devastante. Il rapporto con Christopher, l’alieno, è il cuore del film:
un’amicizia assurda nata dalla disperazione.
Gli effetti speciali reggono ancora oggi. Gli
alieni sono credibili, il gore è senza filtri, le armi extraterrestri fanno
esplodere i nemici in mille pezzi. Il tutto con una critica sociale pesante: District 9 parla di apartheid, di
immigrazione, di paura del diverso. E lo fa senza mezzi termini.
Finale amarissimo. Senza eroi, senza vittorie
facili. Solo un uomo che ha perso tutto e un alieno che promette di tornare.
Speranza e disperazione fuse insieme.
Voto: 9/10.
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