Conclave – Recensione


La morte del Papa apre il sipario su uno dei giochi di potere più chiusi e misteriosi al mondo: il Conclave. I cardinali si riuniscono per eleggere il nuovo pontefice, ma dietro le porte sigillate della Cappella Sistina si nasconde molto più di una semplice votazione. Intrighi, ambizioni personali, segreti e fede si intrecciano in un thriller politico-religioso che gioca con la tensione e la paranoia.

Edward Berger (regista di Niente di nuovo sul fronte occidentale) prende in mano il romanzo di Robert Harris e lo trasforma in un dramma serrato, elegante e claustrofobico. Ralph Fiennes guida un cast di alto livello, affiancato da Stanley Tucci, John Lithgow e Sergio Castellitto. Il suo Cardinale Lawrence è il classico uomo integro in un sistema corrotto.

L’atmosfera è densa, costruita con uno sguardo che oscilla tra la solennità del rito e il cinismo della politica ecclesiastica. La fotografia gioca sui chiaroscuri, i corridoi vaticani diventano labirinti in cui si muovono uomini in tonaca, ciascuno con le proprie alleanze e tradimenti.

Se c’è un limite, è che il film si concentra più sull’ambientazione che sui conflitti interiori dei personaggi. Il thriller c’è, la tensione anche, ma manca un po’ di quell’incisività che avrebbe reso il tutto ancora più potente. Tuttavia, il fascino del soggetto e la messa in scena impeccabile rendono Conclave un film da non perdere, soprattutto per chi ama le storie di potere e manipolazione.

 Voto: 8/10.

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